Questa mattina è giunta notizia che, a Civitanova Marche in
una città della nostra Regione, vicino alle nostre abitazioni, si sono tolti la
vita due coniugi. Il motivo sembra essere la riduzione in povertà. Disoccupato lui,
con una piccola pensione lei. Per il dispiacere si è ucciso, gettandosi a mare,
anche un fratello di lei.
Nei nostri tranquilli territori tre persone morte sono
molte; sono troppe dappertutto. La nostra terra non è abituata all'abbandono.
Eppure due coniugi, rimasti soli, non riuscivano più nemmeno a pagare
l’affitto.
I grandi numeri dell’ISTAT che indicano in quattro
milioni i poveri in Italia, diventano realtà terribile e dolorosa vicino casa.
Il pensiero va all'angoscia di quelle tre persone, quando si
sono rese conto che non riuscivano ad andare avanti. Togliersi la vita è
sembrato loro l’unico modo per sottrarsi alla paura e alla vergogna.
Un tempo, molti anni fa, esisteva nei Comuni il terribile
“elenco dei poveri”. Vi erano scritti individui e famiglie allo sbando, quanti
non riuscivano a mangiare. Con il progresso, quegli elenchi sono stati
soppressi: sono tornati con prepotenza con le loro vittime.
Con una differenza: la vita costosa di oggi esige interventi
significativi, con un piano solido che segua la condizione di povertà e abbia
la forza di affrontare i problemi.
Le amministrazioni dicono di non aver risorse; le opere di
volontariato gratuito non reggono l’impatto di cifre importanti. Se qualcuno si
ritrova solo è la fine.
E’ quanto emerge dalle prime notizie sulla morte di tre
persone. Non erano vagabondi, né stranieri. Erano persone come noi, lavoratori
e pensionati, ritrovatisi senza futuro. Con l’aggravante di non aver nessuno
della famiglia che li aiutasse.
Il grido contro le povertà non è nemmeno raccolto: abbozzi di soluzione,
nemmeno precisi. Ipotesi, slogan e poco più. Non è possibile attendere altre
vittime. Lo chiede la convivenza civile, la pietà umana, la tutela della vita.
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