31/10/06

Dopo Verona: la Chiesa senza la dimensione “materiale” della vita?

A pochi giorni dalla chiusura del Convegno di tutta la Chiesa italiana a Verona, l’appuntamento chiamato a tracciare le linee di azione della chiesa cattolica per i prossimi dieci anni, dopo quelli di Roma (1976), di Loreto (1985) e di Palermo (1995) è utile rileggere gli interventi di Benedetto XVI, del card. Tettamanzi, Arcivescovo di Milano (relazione introduttiva) e del card. Ruini, Vicario di Roma (relazione conclusiva) per comprendere i punti forti e quelli fragili di una prospettiva che ha al centro dell’interesse la sfida del cattolicesimo con la modernità. Al di là dei modi di porre la questione, in attesa delle conclusioni “ufficiali” che la Conferenza episcopale italiana si riserva di trarre tra qualche mese, tutte e tre le relazioni hanno riassunto nella questione “antropologica” la sostanza di questa sfida. Per questione antropologica si intende la trasformazione – come ha spiegato il card. Tettamanzi – che la cultura moderna ha sulla visione della vita e sull’esperienza odierna dell’uomo (un tempo cristiana). Trasformazione non solo diretta alla cultura “alta”, ma alla cultura che contagia e modula ogni persona.
Le radici del cambiamento sono da addebitare, secondo Benedetto XVI, a una nuova ondata di “illuminismo e laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre, sul piano della prassi, la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale al qual tutti gli altri dovrebbero sottostare”.
A questa sfida le tre relazioni rispondono proponendo il modo di essere cristiani: l’essere testimoni della speranza. Per la fede che vivono “rendano Dio credibile”, per ricordare un’espressione di Benedetto XVI.
Ne consegue che il cristiano non può, né deve nascondersi, ma impegnare il suo pensiero e il suo modo di vivere perché la missione della Chiesa produca un “determinante influsso positivo sulla vita della società” (card. Ruini).
Il cristianesimo dei prossimi anni deve ritrovare, secondo le parole del Papa, nella santità, la forza di risposta alla sfida moderna. Il punto di forza di questa visione è l’appello alle radici più profonde della fede: “ripetere “quel grande “sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra cultura”, auspicando che l’azione della chiesa non sia mai un adattarsi alle culture, ma “purificazione”, “taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento”.
Le tre relazioni fondano dunque la possibilità della risposta di fede a motivazioni tutte interne. Indicano anche gli ambiti di questo intervento. Praticamente tutta la vita personale e sociale; Benedetto XVI ne fa un breve elenco: le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune terribili epidemie. Il Papa avverte inoltre il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali principi antropologici ed etici

12/10/06

Verso Verona, un contributo “fuori quota”

“In attesa di Verona 2006, per il quarto Convegno ecclesiale nazionale, anche noi vogliamo offrire il nostro contributo di preghiera, di riflessione e di esperienza. Pochi di noi parteciperanno direttamente all’evento: nello schema delle presenze, siamo considerati “fuori quota”, nonostante molti di noi siano cristiani convinti e anche ministri sacri, religiosi e religiose, presenti sul territorio, nelle cosiddette ‘opere di carità’”.
E’ l’inizio del documento scritto da Vinicio Albanesi in vista del grande evento del16-20 ottobre, e che oggi viene reso pubblico attraverso questo blog. Lo trovate in allegato a questo post. Ecco come l’autore lo introduce.

La Chiesa italiana si trova ad affrontare il prossimo decennio in evidente difficoltà.
Difficoltà interne in quanto gli orientamenti di azione sono stanchi e generici. Il clero è invecchiato e anche triste. Il laicato è silenzioso e umiliato, i movimenti e i gruppi elitari sono riferimento per i propri appartenenti, ininfluenti nell’azione di popolo. Le proposte di evangelizzazione, elaborate negli ultimi anni, sono tentativi linguistici più che proposte concrete.
Ma le difficoltà sono anche esterne. La società italiana è definitivamente secolarizzata. Gli indici di secolarizzazione sono dati oggettivi (famiglie, nascite, sincretismo religioso, cultura secolarizzata).

La proposta di speranza, elaborata dal documento preparatorio, sembra non rendersi conto della “drammaticità” della situazione: invece di affrontare frontalmente la situazione sociale e spirituale delle persone si rivolge allo stretto gruppo di fedeli che in ancora rimangono stabilmente praticanti. Uno spaccato di Chiesa sempre più marginale e stantio.

Di fronte alle difficoltà evidenti, i motivi di speranza possono partire dai drammi che la società italiana vive. Sono due i nuclei di problematicità che la Chiesa italiana può affrontare: le povertà e la solitudine. Essi interpellano direttamente l’azione della Chiesa in termini storici e insieme spirituali.

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