12/09/09

L'informazione cattolica dopo il ''caso Boffo''

Ai componenti del Consiglio Episcopale Permanente 
Reverendissimi Padri,
        in occasione dell" imminente Consiglio permanente della CEI mi permetto di rivolgermi a voi, a proposito delle recenti vicende dell’informazione cattolica nella nostra Italia. Lo faccio con una lettera aperta, perché il problema  riguarda non soltanto cerchie ristrette di cristiani, ma tutta
l’opinione pubblica. Vi chiedo parole prudenti, ma chiare: ne ha bisogno l’opinione pubblica e la nostra presenza nel mondo. Arrotarsi in linguaggi di ecclesialese è dannoso.
Un primo aspetto della vicenda riguarda l’attacco al Direttore di Avvenire. Al di là dei dettagli che non conosciamo, è stata colpita una persona per il ruolo che svolgeva. Una risposta dignitosa esige il giudizio che voi date della vicenda. Un parlare esplicito, per rispetto e solidarietà a chi è stato vittima; ma anche un chiarimento di fronte alla contraddizioni che pure si registrano sul fronte ecclesiale: non solo per il rapporto con il governo. La linea in questa vicenda adottata dall’Osservatore Romano è chiaramente in contrasto con la linea editoriale di Avvenire. Non è un’invenzione degli anticlericali, ma è sotto gli occhi di tutti.

Gli ultimi avvenimenti hanno fatto emergere un problema reale che esiste all’interno dell’informazione cattolica. Il progetto Avvenire e di conseguenza di Sat2000 e Radio Inblu è nato con l’idea di ricompattare e rendere efficace la presenza culturale e sociale, oltre che religiosa, dei cattolici in Italia: i mezzi di comunicazione erano parte integrante del “Progetto culturale”. Quel progetto non è mai decollato, nonostante le ingenti risorse investite e oggi è opportuno che sia definitivamente accantonato. Il cattolicesimo in Italia ha sfumature, approcci e linguaggi diversi: è necessario ascoltare e dare voce ai molti volti dell’azione dei cristiani in Italia.

Solo impostato così può aver senso un giornale di proprietà della Conferenza episcopale. A meno che non si desideri un “organo ufficiale”: in questo caso l’impostazione, il linguaggio, le sfumature debbono essere a tal punto calibrate da non permettere un quotidiano di informazione, ma di fornire dichiarazioni di carattere diplomatico.
E’ utile che in Italia esistano “luoghi” di comunicazione dichiaratamente cattolici: il problema è che siano programmaticamente aperti a soluzioni diverse nelle infinite questioni poste dalla vita delle famiglie e della nazione. Senza l’ossessione dell’ortodossia.
Attendiamo da troppo tempo strumenti comunicativi che non selezionino, ma incoraggino; che non censurino ma siano in ascolto; che indirizzino, senza imporre. E’ un lavoro difficile, ma alla lunga proficuo.

Non si tratta dunque solo di indicare il nuovo direttore di Avvenire, ma di cambiare impostazione della comunicazione. Le blindature, oltre che manifestare troppo spesso crepe imbarazzanti, non servono in una società abituata a riflettere con domande pertinenti e spesso molto dubbiose.
C’è da distinguere tra ciò che essenziale e ciò che è opinabile, in una libertà autentica che impedisca l’appiattimento su posizioni culturali, sociali, politiche precostituite che non fanno giustizia della “verità delle cose”.
Un’attenzione particolare va data ai contenuti della comunicazione: l’impressione dei patteggiamenti tra autorità religiosa e civile, tra poteri economici e istituzionali, tra scambi di consenso e attenzione alle cose di Chiesa svilisce e impoverisce la missione dei cristiani nel mondo. Forse l’atteggiamento migliore, in ogni circostanza, è quello della coscienza critica che non parte da pregiudizi, ma cerca “il bene evangelico”: senza paura di ricatti e, peggio ancora, di promesse. Il potere è come la mosca: non è un animale gratuito; occorre scacciarlo.
Ogni guida è per definizione forte, coraggiosa, sincera, orientata al futuro. Ne ha bisogno l’Italia, non dimenticando mai che, alla fin fine, la nostra sorte è nelle mani di Dio.

Con affetto nel Signore

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