Dopo il lunghissimo inverno che negli ultimi anni ha investito le politiche del welfare in Italia, la speranza è l'arrivo di una nuova primavera.
Primavera che porti novità, entusiasmo e l"inizio di una nuova stagione sociale.
I motivi del lunghissimo inverno possono essere riassunti in poche, drammatiche battute.
L’approccio economicistico a tutte le questioni sociali, con l’aggiunta della crisi economica, ha portato al calcolo infinitesimale, ma sostanzialmente al ribasso, delle risorse destinate agli svantaggiati.
Lo sfinimento dei tagli sì/tagli no al sociale ha logorato tutti: amministrazioni, enti e associazioni, ma soprattutto i destinatari, coloro che avevano bisogno.
Tanto più che la povertà è in espansione, lambendo fasce di popolazione non marginale, ma “normale”; una catena di poveri più o meno nascosti si presentano ai rari sportelli di aiuto con mazzette di bollette da pagare: metano, luce, assicurazione dell’auto… I costi dei telefonini si mimetizzano nei prepagati, ma influiscono, e come, nei magri bilanci delle famiglie.
A questa drammatizzazione dei bisogni sociali, la coscienza collettiva si è difesa con il silenzio, di cui quello dei media è conseguenza e non causa. Mai più sentito parlare - eccetto rare occasioni - di poveri, badanti, precari, tossicodipendenti, minori a rischio, stranieri, handicappati, malati psichiatrici, carcerati, eccettuati i fatti di cronaca nera. Il silenzio è stato un antidoto efficacissimo per la coscienza collettiva che ha rimosso ogni notizia di disagio. Nemmeno “il problema” degli anziani, che pure interessa numerose famiglie, è emerso nella sua complessità. Sembra che le povertà esistenti siano diventate tutte “vergognose”, imputabili alle incapacità (colpevoli) personali e familiari e quindi da nascondere. “Chi ha problemi se li tenga e si arrangi”, sembra aver detto la coscienza collettiva.
A questo silenzio grave e peccaminoso si è perfettamente adeguato il governo. Scomparso ogni dibattito, ogni partecipazione, ogni progetto, ogni piano, ogni investimento. Il braccio di ferro tra Stato e Regioni è consistito nel sapere se e quanto il cosiddetto fondo sociale andava risicato o confermato.
Due “icone” possono aiutare a illustrare questa situazione. La prima riguarda il mercatino estivo dei bambini. Ho scoperto che dalle mie parti, d’estate, le mamme hanno inventato il mercato dell’usato, gestito da bambini. Sui lungomare, come nuovi vu cumprà, si sono allineati bimbetti e bimbette dai 6 ai 12 anni per vendere giocattoli, chincaglierie e robina della propria casa. I nuovi commercianti se la son cavata benissimo: niente sconti, attenzione ai clienti, disposizione della merce con gusto e scrupolosità, sotto l’occhio vigile delle madri. Domani, i bimbi, diventati adulti, saranno killer commerciali, perché – è la spiegazione delle mamme – sono da subito educati a maneggiare l’euro, a trarre vantaggio dalle cose utilizzate e soprattutto a comprarne di nuove. L’esperienza è giudicata positiva dalle famiglie, dalle amministrazioni, dalla scuola: il mondo che viene sarà giocato sulle risorse e sulla ricchezza. La sfida ai cinesi va iniziata presto: altro che i fioretti per i poveri, di cattolica memoria.
La seconda “icona” è il welfare dei ricchi. Un quadro desolante, ma efficacissimo. Buonuscite, benefit, opzioni per milioni di euro. A cascata: per gli amministratori unici, per i professionisti, per i consulenti, per i dirigenti. La tutela fai da te funziona benissimo in ogni settore: industriale, commerciale, bancario, ...