Il segnale più significativo che emerge dalla consultazione elettorale è che nella nostra Italia, metà della popolazione non pone attenzione ai temi della solidarietà e dell’aiuto reciproco. Un po’ come in tutte le società evolute prevale, in molta parte della popolazione, l’attenzione ai propri interessi.
Il Vescovo di Baltimora, in occasione delle ultime elezioni americane, alla domanda che gli ponevano sulle scelte dei cattolici praticanti americani tra repubblicani e democratici, rispose che la scelta tra i due partiti dipendeva, al primo posto, da chi avesse abbassato le tasse. Anche in Italia abbiamo assistito, prima delle elezioni, alle file presso i notai per la paura dell’introduzione delle tasse di successione.
Nella campagna elettorale, molti temi, pure drammatici della nostra convivenza civile, sono stati semplicemente ignorati: immigrazione, anziani, lavoro, mercato della casa; per non parlare di droga, di carcere, di salute dei giovani. Tutto si è giocato, ossessivamente, sul tema delle tasse.
La stessa attenzione alla famiglia, a ben leggere, è nei confronti di una famiglia “regolare”, “sicura”, “normale”. Non già, come si vuol far credere, per motivi ideali, ma per motivi economici e sociali.
Il futuro che si prospetta a chi, come noi si occupa di disabilità, disagio, povertà, è nero. Anzi: più la crisi economica è incombente, più c’è un fuggi fuggi a tutelare il proprio interesse vitale. Ciò è ancor più preoccupante se anche coloro che hanno bisogno della solidarietà preferiscono sognare un futuro da ricchi. E non si tratta di schieramenti, ma di coscienza collettiva che “impone” messaggi rassicuranti e non altruisti.
La stessa solidarietà internazionale è diventato tema tabù: il motivo era la paura della sottrazione di risorse alla “nostra” convivenza. Gli interventi anche armati sono stati giudicati necessari per la nostra sicurezza e per il nostro benessere, senza tanti scrupoli.
La mancanza di dibattito su temi scottanti della convivenza sociale da ambedue gli schieramenti, è l’indicazione inequivocabile che i consensi impedivano addirittura di discutere, prima che di decidere e di scegliere.