Droga, lettera aperta al vicepresidente del ConsiglioOnorevole Fini,
in occasione di una “Conferenza mondiale sulle tossicodipendenze”, organizzata dalla Comunità siciliana “Casa Rosetta”, a due anni dal primo annuncio, ha anticipato i contenuti del ddl che il governo si appresta a presentare entro l’anno e che dovrebbe costituire la svolta delle politiche sociali contro le tossicodipendenze.
Pur dovendo aspettare di conoscere i contenuti precisi del ddl, si possono fare alcune considerazioni. Il messaggio dato è un messaggio di rassicurazione alle famiglie: state tranquilli, sembra dire, combatteremo e vinceremo la sfida contro la droga. L’approccio infatti è quello di chi, cambiando le regole del gioco, riesce finalmente a offrire la carta vincente. Questo messaggio presuppone due convinzioni non vere: chi ci ha preceduto non solo ha sbagliato, ma, in qualche modo è stato compiacente con il consumo di droghe; la seconda afferma la sicurezza di aver trovato finalmente il meccanismo che si opporrà, con successo, alle dipendenze: tale meccanismo – al di là delle sfumature – è la repressione. Basta con la distinzione tra droghe leggere e pesanti; basta con l’indulgenza, basta con i tentennamenti; da qui la durezza delle sanzioni, senza guardare in faccia a nessuno.
Lei si è fatto portavoce di quanti in Italia - e sono molti – vorrebbero una soluzione rapida e definitiva al problema delle droghe.
Così non sarà: per molteplici motivi. Le droghe non sono più distinte in leggere e pesanti, ma hanno un crescendo pauroso che inizia con l’alcol (ben pubblicizzato, che annovera tra i suoi iscritti 1 milione e mezzo di persone, di cui 30 mila muoiono ogni anno) e transita per le droghe sintetiche, gli psicofarmaci, l’hascisc, l’eroina, la cocaina. Quando qualcuno si presenta in comunità oramai ha provato di tutto e di più. La varietà e la quantità delle sostanze, i modi e i tempi di assunzione fanno avere l’illusione di non essere drogati. Solo lo sfinimento fisico e psicologico convincono, quando convincono, che si è sull’orlo del baratro: per questo motivo le comunità sono piene di persone oramai 30/50enni, con 15-20 anni di “carriera”.
La repressione è già sperimentata oggi abbondantemente da tutti i tossicodipendenti: ritiro della patente, metadone, comunità, carceri e ospedali sono il bagaglio che ciascun tossicodipendente ha nella sua valigia.
Ci saremmo aspettati una ripresa dell’attenzione al problema della droga a partire dall’educazione e quindi del disagio delle giovani generazioni. I giovanissimi non sanno nemmeno loro perché si drogano; hanno problemi comportamentali, se non psichiatrici; il recupero di un percorso umano è difficile perché spesso si è in presenza di “scatole vuote”. Nessuna comunità e nessun Sert, anche se rinnovato, intercetterà il ragazzo/a che inizia la carriera di dipendente. Perché non esiste sul territorio alcuno che abbia attenzione ai primi fenomeni di sbandamento e di disagio. Le risorse sono scarse, le strutture sono rintanate invece di scendere in campo, gli strumenti si riducono a invocazioni e poco più.
La paura del carcere e delle sanzioni non funzionerà, perché il giorno dopo la promulgazione della nuova legge, avranno trovato il trucco per aggirarla. E anche se non dovessero riuscirci, andranno a ingrassare il numero dei tossicodipendenti in carcere. Il consumo di droga è talmente degenerante da far saltare ogni comportamento socialmente adeguato, compresa la vergogna del carcere.
Una efficace politica di contrasto inizia dall’attenzione alle giovani generazioni che non c’è: le famiglie sono sole, le scuole rattrappite, gli oratori e le associazioni scarseggiano e le poche esistenti sopravvivono. Il messaggio non può essere “tolleranza zero”, ma caso mai “consumo zero”, perché vogliamo bene ai nostri figli e non vogliamo essere correi della loro distruzione. Per questo siamo disposti ad ascoltarli, ad essere pazienti, a diventare se ...