Tra poco sarà Pasqua e, nella tradizione cristiana, questa festa significa la sconfitta del dolore e della morte, con una visione che suggerisce la speranza della soluzione di problemi insoluti, anche gravi.
Nella nostra Italia, pure cattolica e osservante, la festa è ridotta alla dimensione privata della fede popolare.
Nemmeno un cenno pubblico allo scandire della grande festa religiosa. Non solo, ma sembra che "i problemi", molti e irrisolti, siano affidati a mani indifferenti e ostili.
Per noi che viviamo a stretto contatto con le sofferenze dei "vulnerabili", la Pasqua ci suggerisce di mantener fede agli impegni, sicuri che, nel tempo, le ragioni della vita prevarranno.
Il clima che ci circonda è chiaramente astioso ai vulnerabili: di un'ostilità sfacciata e volgare, attenta agli interessi dei benestanti, infastidita da chi osa mettere in dubbio questa logica.
Non si tratta, come stupidamente si va ancora dicendo, di toni sbagliati. Si tratta dell'emersione di una visione autocentrata su chi ha e su chi può, con una catena di conseguenze antropologiche, istituzionali, politiche, giuridiche, economiche.
Non abbiamo nessuna voglia di separare spiriti e corpi; dimensioni personali e dimensioni collettive, ambiti laici e religiosi.
La fede ci suggerisce un'unità di intenti e di azioni, protesa al benessere di tutti, sia nella dimensione spirituale che in quella materiale.
Sono questi i motivi che ci spingono ad opporci a quanti, rappresentanti del popolo o semplici cittadini sono sordi ad ogni invito all'attenzione e alla solidarietà per i deboli.
Non si tratta di dettagli di scelte, di leggi, di orientamenti: si tratta di sapere chi sono i destinatari dell'azione singola e collettiva.
La Chiesa ufficiale italiana, in questa seconda Pasqua di inizio millennio, tace con un silenzio colpevole, quasi che le azioni pubbliche e private siano indifferenti. Se non è opportuno scendere su terreni di scelte pratiche, non è possibile tacere se le persone sono ridotte a forze lavoro, se i vulnerabili sono considerati marginali, se i deboli sono sorretti solo con azioni compassionevoli.
Non sono queste le matrici del cattolicesimo: chi se ne allontana è un traditore del nucleo centrale del messaggio cristiano, al di là delle autoproclamazioni o, peggio ancora, delle autoassoluzioni.
Per motivi profondi di coscienza continuiamo a stare dalla parte dei vulnerabili, difendendone la dignità, tutelando la loro salute, promovendo il loro futuro.
Saremo parte attiva, per ciò che ci compete e per quanto siamo capaci, nel coinvolgimento di coscienze vive perché il benessere sia partecipato a tutti, contribuendo al grande progetto dell'universo, nel quale ogni creatura, ha il posto e la dignità che gli compete.