06/07/01

Il G8 felice

Fa impressione il grande numero di associazioni coinvolte nel Genoa Social Forum.
Rappresentano un vasto popolo di gruppi associati in forme legali e spontanee. Talmente numerosi che quasi si stenta a capire le linee di azione dei tanti gruppi che contestano l'incontro dei potenti del G8.
Esprimono tutti il rifiuto alla globalizzazione. In estrema sintesi al cosiddetto "popolo di Seattle" non sta bene che sia il mercato, con le sue leggi del massimo profitto, a governare il mondo.
In questa presa di posizione dovrebbe ritrovarsi la stragrande maggioranza dei popoli del mondo. Quasi nessuno può essere contento che siano pochi i ricchi e tutti gli altri poveri.
Nonostante questa elementare verità, il popolo dei "contestatori" è visto come un pericolo e come un rischio, anche da chi non ha nulla da guadagnare dalla globalizzazione.
La spiegazione è complessa, ma non impossibile. Il primo rifiuto è quello della violenza. Tra i contestatori c'è chi non disprezza la violenza, anzi in qualche modo è pronto allo scontro, se non alla provocazione. Di fronte alla violenza il rifiuto non può che essere netto. Si può tranquillamente dichiarare che la violenza è un buon alleato di chi si dice di voler combattere.
Il secondo motivo è la destabilizzazione dell'ordine costituito. Spesso, nel proprio precario equilibrio, si ha paura di cambiamenti che possono turbare piccoli e grandi privilegi: più facile curare la propria serenità, anche se piccola piccola. Non tutti sono in grado di avere uno sguardo ampio delle sorti del mondo.
Infine una specie di autocommiserazione impedisce di guardare mali più gravi. A quanti fanno notare ingiustizie e disparità, molti reagiscono invocando le "proprie" disgrazie, concentrandosi sui propri problemi e dolori.
A tutti noi spetta il compito e la pazienza di far capire che la contestazione non è fine a se stessa, ma è orientata a una giustizia e ad un benessere maggiore per tutti, compresi i popoli benestanti.
Il non rispetto delle persone, la loro schiavizzazione, le guerre inutili e fratricide sono mali anche per chi, lontano, si sente al riparo da simili eccessi. La terra può e deve essere governata con maggiore giustizia e umanità.
Non abbiamo nulla contro nessuno: desideriamo che i bambini non muoiano di povertà o di malattie curabili; che i fanciulli non siano schiavizzati; che i lavoratori possano vivere del loro lavoro, che le donne siano rispettate nel loro essere mogli e madri; che i vecchi possano continuare a campare nelle proprie case.
Chiedere tutto ciò non è contestare: è semplicemente voler contribuire ad una vita dignitosa e felice per tutti.

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